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N. R.G. 63102/2017
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE DIRITTI DELLA PERSONA E IMMIGRAZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice Riccardo Rosetti, ha pronunciato la
seguente
ORDINANZA EX ART. 702 BIS C.P.C.
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 63102/2017 promossa da:
1. XXXXX nato a xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, residente in Brasile,
xxxxxxxxxxxxxxl, Brasilia
2. xxxxxxxxxxxxxxxxxxxs, nata a Brasilia (Brasile), xxxaxxxxxxxxxxxxxxxxxxx,
residente in Brasile, a
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
3. xxxxxxxxxxxxxxs, nato a Brasilia (Brasile) , xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx,
residente in Brasile, a
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxl, Brasilia
4. xxxxxxxxxxxxxxxxxx nato a Recife x, il xxxxxxxxxxxxx residente in Brasile,xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
x
5. x Junior, nato a Brasilia (Brasile), xxxxx il 6.5.1973, residente in Brasilia, xxxxxxxxxxx,
6. xxxxxxxxxxxo, nato axxxxxxxxxxxxx, il xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
7. xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx nata a Brasilia, x il x, residente a xxxxxxxxxxxxxxxxxxx, USA
8. xxxxxxxxxxxxxxxx, nata a Brasili x il x, residente xxxxxxxxxxxxxx (Brasile),
9. xxxxxxxxxxxxxxxxx nata a Rio de Janeiro, il xxxxxxxxxxxx, residente in Brasilia, xxxxxxxx
10. xxxxxxxxxx, nato a Brasilia il xxxxxxxxxxxx, residente in xxxxx
11. xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx nata a Brasilia il x, ivi residente xxxxx
tutti elett.nte domiciliati in Roma via XX Settembre n. 98G presso lo studio e
la persona dell’avv. Fabio
Scatamacchia, che li assiste, difende e rappresenta, in virtù di procure in
atti;
PARTE RICORRENTE
contro
MINISTERO INTERNO ;
Firmato Da: ROSETTI RICCARDO Emesso Da:
Ordinanza n. cronol. 2184/2018 del 16/02/2018
RG n. 63102/2017
PARTE RESISTENTE-CONTUMACE
OGGETTO: riconoscimento della cittadinanza italiana
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato il 26.9.2017 gli attori convenivano
in giudizio il Ministero dell’Interno
e il Pubblico Ministero - Affari Civili chiedendo il riconoscimento della
cittadinanza italiana iure sanguinis, per essere discendenti di cittadino
italiano, che non aveva mai perso la cittadinanza.
Esponevano gli attori:
- di essere discendenti diretti di xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, cittadino italiano,
nato a xxxxxxxxxxxx.1878, emigrato in Brasile e morto
senza mai rinunciare alla cittadinanza italiana;
- che il capostipite si era coniugato in Brasile con xxxxxxxxxxx;
- che dall'unione tra xxxxxxxxxx nasceva in Brasile xxxxxxxxxxxxxx nel
1903;
- che dall'unione tra xxxxxxxxxxxxxxxxxx, nascevano tre figlie
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx;
- che xxxxxxxxxx si univa in matrimonio con xxxxxxxxxxxxxx e generava xxxxxxxxxx
e l’odierno attore xxxxxxxxxxxx;
- che xxxxxxxxxx si univa in matrimonio con xxxxxxxxxxxxxxx e dalla loro unione
nascevano due figlie:
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, attrici nel presente giudizio;
- l’odierno attore xxxxxxxxxxxxxxxxx si univa in matrimonio con x e generava gli
odierni attori
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx;
- che xxxxxxxxxxx generava xxxxxxxxxxxxxx odierno attore;
- che xxxxxxxxxxx generavaxodierna attrice;
- che xxxxxxxxxxxxxr, figlia dixxxxxxxxxxxi, si univa in matrimonio con
xxxxxxxxxxxxxxxxe
generava x, odierna attrice;
- che xxxxxxxxxxx, figlia di xxxxxxxxxxx, si univa in matrimonio con
xxxxxxxxxxxxx
e generava xxxxxxxxxxxxxxxxxxx; xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx generava
xxxxxxxxxxxxxxxxx
x, attore nel presente giudizio;
- che, in quanto discendenti da cittadino italiano, gli attori dovrebbero
considerarsi a loro volta
cittadini italiani per trasmissione, iure sanguinis, dello status civitatis.
Tanto dedotto e rilevato gli attori spiegavano le conclusioni in epigrafe
riportate.
Il Ministero dell’Interno non si costituiva in giudizio e veniva dichiarato
contumace.
All’udienza del 14 febbraio 2018 la causa, istruita in via documentale, veniva
riservata per la
decisione previo mutamento del rito ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c..
Preliminarmente deve affermarsi la legittimazione passiva del Ministero
dell’Interno. In questa
sede, infatti, gli attori chiedono la concessione della cittadinanza alla quale
avrebbero diritto iure
sanguinis, per essere discendenti di un cittadino italiano per nascita ex art.
1, lett a), legge n. 91/92.
L’autorità consolare è competente in ordine all’accertamento della sussistenza
delle condizioni
previste dalla legge nelle differenti ipotesi previste dal comma 2 dell’art 16
DPR n. 572/1993
Firmato Da: ROSETTI RICCARDO
Ordinanza n. cronol. 2184/2018 del 16/02/2018
RG n. 63102/2017
(regolamento di esecuzione della legge n. 91/92) (artt. 2 commi 2 e 3, 3 comma
4, 4 comma 1 lett.
c, 4 comma 2, 11, 13 comma1 lett. c e d, 14 e 17 L. n. 91/92), in tutte le altre
ipotesi, tra le quali
quella che qui ci occupa, competente in ordine all’accertamento della
sussistenza dei requisiti per il
riconoscimento della cittadinanza italiana è il Ministero dell’Interno al quale
l’Autorità Diplomatica
o consolare trasmette copia dell’istanza e della documentazione prodotta
dall’interessato (art. 16
comma 4 DPR cit.).
Nel merito la domanda è fondata e va accolta.
Ripercorrendo la complessa evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia
di cittadinanza, va
osservato che, all’epoca del matrimonio tra xxxxxxxxxxxxxx – ascendente degli
attori -
cittadina italiana per nascita, e xxxxxxxxxxxx, cittadino brasiliano, vigeva
l’art. 10, comma 3, della
legge 13 giugno 1912, n. 555 che prevedeva l’automatica perdita della
cittadinanza italiana per la
donna che contraeva matrimonio con cittadino straniero acquistando la
nazionalità estera.
Tuttavia, con la sentenza 9 aprile 1975 n. 87, la Corte Costituzionale ha
dichiarato l’illegittimità
costituzionale di quest’ultima norma, poiché violativa degli artt. 3 e 29, Cost.,
in quanto la stessa
stabiliva che, rispetto all'ordinamento italiano, la perdita della cittadinanza
italiana avvenisse
automaticamente per il fatto stesso del matrimonio, indipendentemente dalla
volontà della donna ed
anche se questa abbia manifestato una volontà contraria, sottoponendo la perdita
ad una condizione
dipendente dall'ordinamento del marito e pertanto estraneo a quello italiano,
cioè che
nell'ordinamento straniero vi sia una norma che attribuisca alla donna italiana
la cittadinanza
dell'uomo per effetto del matrimonio. In altre parole – a detta della Corte - la
norma in questione,
espressione della concezione imperante nel 1912 della donna come giuridicamente
inferiore
all’uomo, contrasta con i principi della Costituzione che attribuiscono pari
dignità sociale ed
uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini senza distinzione di sesso e
ordinano il matrimonio
sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, da un lato creando una
ingiustificata disparità di
trattamento tra uomo e donna contraria all’art. 3 della Costituzione, dall’altro
non giovando
all’unità familiare voluta dall'art. 29 della Costituzione, ma anzi essendo ad
essa contraria, in quanto
potrebbe indurre la donna, per non perdere un impiego per cui sia richiesta la
cittadinanza italiana o
per non privarsi della protezione giuridica riservata ai cittadini italiani o
del diritto ad accedere a
cariche ed uffici pubblici, a non compiere l'atto giuridico del matrimonio o a
sciogliere questo una
volta compiuto.
Rileva inoltre, nel caso di specie, l’ulteriore pronuncia della Corte
Costituzionale n. 30 del 1983,
che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, n. 1, della legge
n. 555 del 1912, sempre
per contrasto con gli art. 3 e 29 Cost., nella parte in cui non prevede che sia
cittadino per nascita
anche il figlio di madre cittadina. La norma, infatti, con il prevedere
l'acquisto originario, da parte
del figlio, soltanto della cittadinanza del padre, ledeva da più punti di vista
la posizione giuridica
della madre nei suoi rapporti con lo Stato e con la famiglia.
In particolare la Corte ha esposto che non può contestarsi l'interesse,
giuridicamente rilevante, di
entrambi i genitori a che i loro figli siano cittadini, e cioè membri di quella
stessa comunità statale
di cui essi fanno parte e che possano godere della tutela collegata a tale
appartenenza. Del pari, la
disciplina di cui all’art. 1 della suddetta legge lede la posizione della madre
nella famiglia, se si
considera la parità nei doveri e nella responsabilità verso i figli ormai
affermata negli ordinamenti
giuridici del nostro tempo.
Orbene, sulla base delle pronunce suddette, sostanzialmente recepite dalla nuova
legge sulla
cittadinanza, è stato stabilito il diritto della moglie a mantenere la
cittadinanza italiana anche in caso
di matrimonio con cittadino straniero, ed il diritto del figlio di acquisire la
cittadinanza della madre.
Tali pronunce sono applicabili anche nel caso di specie, nel quale i fatti
riguardanti la perdita di
cittadinanza italiana della ascendente per coniugio con straniero, e la
conseguente impossibilità di
trasmetterla ai figli, sono avvenuti prima del 1948, anno di entrata in vigore
della Costituzione,
come confermato anche dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione a
Sezioni Unite n.
4466/2009.
La Suprema Corte ha affermato che lo status di cittadino costituisce una qualità
essenziale della
persona, con i caratteri dell’assolutezza, originarietà, indisponibilità ed
imprescrittibilità, che lo
rendono giustiziabile in ogni tempo e di regola non definibile come esaurito o
chiuso, se non
quando risulti denegato o riconosciuto da una sentenza passata in giudicato e
ha, dunque, affermato
che per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e 30
del 1983, la cittadinanza
italiana deve essere riconosciuta in sede giudiziaria alla donna che l'abbia
perduta ex art. 10 della
legge n. 555 del 1912 (ma deve ritenersi anche per effetto della legge
precedente), per aver contratto
matrimonio con cittadino straniero anteriormente al 1° gennaio 1948, in quanto
l'illegittima
privazione dovuta alla norma dichiarata incostituzionale non si esaurisce con la
perdita non
volontaria dovuta al sorgere del vincolo coniugale, ma continua a produrre
effetti anche dopo
l'entrata in vigore della Costituzione, in violazione del principio fondamentale
della parità tra i sessi
e dell'uguaglianza giuridica e morale tra i coniugi, contenuti negli art. 3 e 29
Cost.. Ne consegue che
la limitazione temporale dell'efficacia della dichiarazione d'incostituzionalità
al 1° gennaio del 1948
non impedisce il riconoscimento dello "status" di cittadino, che ha natura
permanente ed
imprescrittibile ed è giustiziabile in ogni tempo, salva l'estinzione per
effetto della rinuncia del
richiedente. In applicazione del principio, “riacquista la cittadinanza italiana
dal 1° gennaio 1948
anche il figlio di donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e
nel vigore della legge n.
555 del 1912, e tale diritto si trasmette ai suoi figli, determinando il
rapporto di filiazione, dopo
l'entrata in vigore della Costituzione, la trasmissione dello "status" di
cittadino, che gli sarebbe
spettato di diritto in assenza della legge discriminatoria”. Ciò
indipendentemente dalla
dichiarazione resa ai sensi dell'art. 219 della legge n. 151 del 1975
(dichiarazione avanti all’autorità
della donna che vuole riacquisire la cittadinanza italiana persa per effetto
della l. 555/1912), la
quale ha natura meramente dichiarativa e non certo costitutiva dello status.
Si ritiene di aderire a quest’ultima interpretazione, più attenta al rispetto
del principio di non
discriminazione di genere e alla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo.
D’altronde, sul piano logico, ancor prima che su quello giuridico, ai sensi
dell'art. 136 Cost. e della
L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, la cessazione degli effetti della legge
illegittima perché
discriminatoria, non può non incidere immediatamente e in via “automatica” sulle
situazioni
pendenti o ancora giustiziabili, come il diritto alla cittadinanza, potendo in
ogni tempo, dalla data in
cui la legge è divenuta inapplicabile, essere riconosciuto l'imprescrittibile
diritto alla mancata
perdita o all'acquisto dello stato di cittadino degli ascendenti degli attori e
quindi il diritto di questi
alla dichiarazione del proprio stato, come discendenti di donna che, dal 1
gennaio 1948, deve
ritenersi cittadina italiana. Gli effetti prodotti da una legge ingiusta e
discriminante nei rapporti di
filiazione e coniugio e sullo stato di cittadinanza, che perdurino nel tempo,
non possono che venire
meno, anche in caso di morte di taluno degli ascendenti, con la cessazione di
efficacia di tale legge,
che decorre, dal 1° gennaio 1948, data dalla quale la cittadinanza deve
ritenersi automaticamente
recuperata per coloro che l'hanno perduta o non l'hanno acquistata a causa di
una norma ingiusta,
ove non vi sia stata una espressa rinuncia allo stato degli aventi diritto.
Stante quanto sopra, deve dichiararsi la cittadinanza italiana degli attori in
quanto gli stessi,
attraverso la documentazione versata in atti, hanno dato prova della linea di
discendenza così come
riportata nell’atto di citazione.
Ordinanza n. cronol. 2184/2018 del 16/02/2018
RG n. 63102/2017
Sussistono giusti motivi, considerato che il Ministero non si è costituito in
giudizio e non si è
opposto nel merito all’accoglimento della domanda, per dichiarare le spese di
lite irripetibili.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, prima sezione civile, definitivamente pronunciando,
accoglie la domanda e, per l’effetto, dichiara che I signori:
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
sono cittadini italiani il primo dall’entrata in vigore della
Costituzione, gli
altri dalla nascita;
ordina al Ministero dell'interno e, per esso, all'ufficiale dello stato civile
competente, di procedere
alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato
civile, della cittadinanza
delle persone indicate, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità
consolari competenti;
dichiara le spese di lite irripetibili.
Così deciso, in Roma, il 14 febbraio 2018.
Il Giudice
Riccardo Rosetti